La musette della maglia gialla
Si sa di Ottavio Bottecchia e della sua fame atavica, del fatto che alle corse in Italia, fino a quel ’23 in cui scopre il Tour, cercasse di risparmiare ciò che gli passavano ai ristori per portarlo a casa, alla famiglia.
Si dice che, al suo primo Tour, Bottecchia arrivi all’ultimo traguardo di Parigi tre chili più pesante di quando è partito, un grande corridore che si è formato per strada, tra enormi fatiche e un formidabile appetito.
Victor Bonnans, giornalista de “Le Petit Parisienne”, si apposta al primo rifornimento di una giornata in cui affronteranno pavé e scrive del menù dei ciclisti. Nella musette del belga Beeckman trova «salame, pollo, tre tartine, una torta di riso, due banane, prugne secche, zucchero, pesche, quattro uova fresche, acqua Vittel e birra». Stupefatto esclama: «Impossibile immaginare la capacità dello stomaco di un ciclista in corsa, tanto più che questo è solo uno dei tre pasti previsti».
Poi esamina anche la musette della maglia gialla: «Bottecchia assorbe una mezza dozzina di uova, otto banane, dei sandwich con marmellata, delle torte di riso, un numero indefinito di tavolette di cioccolato, datteri in quantità, zucchero senza risparmio: tutto questo solo per la colazione del mattino».
Anche il Tour del 1926 è leggendario, lo vince Lucien Buysse e sarà il più lungo di sempre: 5745 km, 24,063 di media oraria, 4 delle 17 tappe oltre i 400 km. Sopra i 5 mila km complessivi, comunque, erano andate tutte le edizioni dal 1911 al 1929; nel 1930, anno in cui Desgrange introduce il Tour per squadre nazionali, si scende appena sotto i 5 mila km totali ma la durezza dei tracciati, delle condizioni ambientali e di disciplina non cambia.
Di Bottecchia si è detto come fosse uno specialissimo “animale da Tour”, di quelli col callo e col pelo sullo stomaco, oltre a tutti gli altri attributi. Lui sì, è fortissimo in salita e le sue 15 vittorie totali sono praticamente tutte legate al Tour, a quei magnifici tre mesi di luglio che sono bastati a disegnare un mito.
(Estratto dal libro Bartali, l’ultimo Eroico – Giancarlo Brocci)